mercoledì 3 aprile 2013

Guida all'acquisto e funzionamento degli harddisk solidi ssd


Cos’è un SSD

Dopo molti anni in cui abbiamo assistito ad un costante aumento della capienza dei dischi fissi, i dischi allo stato solido rappresentano una vera rivoluzione poiché offrono in un sol colpo un balzo in avanti in termini di prestazioni che i dischi tradizionali, soggetti a limiti meccanici legati alla velocità della testina e dei piatti, non sono neanche lontanamente riusciti a conseguire in tutta la loro storia.
Ad oggi sono proprio i dischi fissi magnetici il vero collo di bottiglia per un qualunque PC: sostituire un disco magnetico con un SSD significa letteralmente liberare il potenziale nascosto, scoprendo quanto sia enorme.
Ma cosa li rende dunque cosi innovativi e differenti dal disco fisso magnetico? Si farebbe prima a dire cos’hanno in comune (la connessione con il PC e lo scopo per cui vengono impiegati, probabilmente). Essi possono essere accostati molto più naturalmente alle chiavette USB, che grazie alle porte di terza generazione sono in grado di offrire anch’esse prestazioni di assoluto livello.

Architettura

I dischi magnetici adottano un meccanismo di funzionamento analogo ai vecchi vinile: semplificando, il disco (piatto) contenente i dati ruota ad una certa velocità mentre la testinameccanica si occupa di leggere i dati, portandosi ad un opportuna distanza dal centro del piattello (traccia, in rosso nell’immagine) e attendendo che “passi” il settore (in viola nell’immagine) ove i dati sono effettivamente memorizzati.
Struttura logica del disco fisso - Wikipedia Italia
Struttura logica del disco fisso – fonte: it.wikipedia.org
Questo meccanismo ha limiti fisici e meccanicievidenti, legati 1) alla velocità di rotazione del piatto e 2) al tempo necessario alla testina per raggiungere la posizione opportuna: entrambi concorrono a determinare il tempo necessario a leggere una certa informazione memorizzata sul disco.
Poiché ciascun file viene spezzato in vari frammenti, memorizzati in altrettanti settori del disco, la frammentazione – ossia quanto siano “sparsi” sul disco tali frammenti – influisce sul tempo complessivo, dato dalla somma dei tempi necessari a leggere ciascun frammento.
Nel corso degli anni si è cercato di migliorare le prestazioni incrementando la velocità di rotazione dei piatti (5400, 7200 e 1000 RPM, ossia rotazioni per minuto) e utilizzando meccanismi che – note le posizioni dei settori da leggere -  sceglievamo l’ordine con cui farlo in modo da ridurre al minimo il numero di rotazioni del piatto necessarie (Native Command Queue).
Tuttavia i limiti intrinsechi ai principi di funzionamento non sono eludibili e dunque i miglioramenti ottenuti in tanti anni sono quasi irrisori, se paragonati al salto di qualità offerto dagli SSD.
NCQ - Native Command Queue
NCQ (Native Command Queue) – fonte: it.wikipedia.org
Gli SSD infatti adottano un’architettura radicalmente diversa, basata su un controller e dellecelle di memoria, che in un certo senso raccolgono il testimone e svolgono rispettivamente le funzioni della testina e dei piatti. Nei dischi allo stato solido le informazioni vengono memorizzate in un insieme di celle, organizzate in blocchi, e il controller provvede a leggere le informazioni memorizzate al loro interno.
Il principale vantaggio risiede nell’utilizzo di celle di memoria NAND flash, simili a quelle impiegate nelle chiavette USB, che possono essere accedute in un tempo pressoché istantaneo (tempo di accesso casuale), a prescindere dalla loro posizione: ciò rende nullo l’impatto della frammentazione dei file (quanto sono sparsi sul disco) sulla velocità di lettura, che rimane costante. Il controller stesso può evadere in tempi molto rapidi le operazioni di lettura o scrittura non occorrendogli sostanzialmente tempo per raggiungere la cella contenente i dati in questione (tempo di latenza).
tempo di risposta = tempo di latenza + tempo di accesso
Tempo medio di risposta: confronto tra HD tradizionale (Seagate) e SSD (Crucial M4) - fonte: tomshw.it
Tempo medio di risposta: confronto tra HD tradizionale (Seagate) e SSD (Crucial M4) – fonte: tomshw.it
Queste due soluzioni annullano di fatto qualsiasi ritardo dovuto al movimento di parti meccaniche (rotazione del piatto o spostamento della testina) e non soffrono ovviamente di rotture dovute al malfunzionamento o alla progressiva usura di tali componenti. Il principale aspetto negativo da ricordare, che determina la durata massima di un SSD, è che ciascuna cella può essere scritta un numero finito di volte prima di non essere più utilizzabile: ciò ha alimentato la convinzione che gli SSD abbiano vita breve, sebbene – come vedremo nel corso dell’articolo – i numeri dimostrino che la durata è ampiamente sufficiente per l’utilizzo quotidiano.

Prestazioni

Fattori di influenza. I vantaggi degli SSD sono innumerevoli, ma il più evidente e interessante agli occhi di qualsiasi utente sono le prestazioni che è in grado di fornire. Prima di capire come interpretare e valutare le specifiche tecniche degli SSD (v. immagine sottostante) e i risultati degli innumerevoli test comparativi presenti sulla rete, ci sono alcuni aspetti da tenere ben presenti, spesso dipendenti dal controller utilizzato:
  • la velocità massima di scrittura aumenta in maniera proporzionale (al più lineare) alla dimensione del disco (v. terzultima riga della tabella raffigurata nell’immagine), mentre la velocità massima di lettura è costante;
  • le prestazioni – in alcuni modelli – possono variare sensibilmente a seconda dello spazio libero: al di sotto di una certa soglia di spazio libero (in genere 50-60%) si può assistere ad un vero e proprio crollo della velocità di lettura e scrittura;
  • le prestazioni in scrittura – in alcuni modelli – possono variare a seconda che i file siano compressi o meno: con alcuni controller le prestazioni degradano anche drammaticamente con file compressi (ad esempio numerosi formati audio o video come l’MP3 o gli MKV).
Confronto delle velocità di un SSD al variare della taglia
Velocità di un modello di SSD al variare della taglia – fonte: crucial.com
Questi ultimi due problemi sono generalmente associati e dovuti al controller utilizzato.
Criteri di valutazione. Le informazioni tecniche relative ad un SSD e riguardanti le prestazioni sono sostanzialmente quattro:
  • lettura sequenziale (Sequential Read): la velocità (in MB/s) di lettura di un unico file di grandi dimensioni;
  • scrittura sequenziale (Sequential Write): la velocità (in MB/s) di scrittura di un unico file di grandi dimensioni;
  • lettura casuale (Random Read): la velocità (in IOPS, operazioni al secondo, o MB/s) di lettura di numerosi file di piccole dimensioni;
  • scrittura casuale (Random Write): la velocità (in IOPS, operazioni al secondo, o MB/s) di scrittura di numerosi file di piccole dimensioni.
Cosa conta davvero. Aggiunto che la grandezza IOPS è equivalente ai MB/s a meno di una costante moltiplicativa, perciò in un’analisi comparativa è ininfluente, la maggior parte dei benchmark sulle prestazioni disponibili in rete testano sul campo questi quattro valori dichiarati: i più interessanti da considerare per avere un’idea delle prestazioni reali di un disco allo stato solido sono le velocità di lettura e scrittura casuali, poiché la maggior parte delle operazioni su disco riguardano molti file (particolarmente quelli legati al sistema operativo) di piccola dimensione, generalmente dell’ordine di qualche KB.
Velocità di lettura/scrittura sequenziale - fonte: storagereview.com
Velocità di lettura/scrittura sequenziale – fonte: storagereview.com
Velocità di lettura/scrittura casuale - fonte: storagereview.com
Velocità di lettura/scrittura casuale – fonte: storagereview.com

Affidabilità e durata

Sebbene le prestazioni giochino un ruolo chiave, ci sono altri aspetti tecnici altrettanto (se non più) importanti ma spesso trascurati, ossia l’affidabilità e la durata.
Affidabilità. L’affidabilità di un SSD è un tema cruciale e scottante dal momento che ottime prestazioni diventano inutili qualora il supporto sia soggetto a malfunzionamenti, errori o problemi tecnici di varia natura, che possano compromettere l’integrità dei dati in esso contenuti o addirittura comportarne la totale perdita. I problemi tendono a presentarsi con maggior frequenza nei nuovi prodotti/modelli e vengono risolti spesso mediante aggiornamenti del firmware, ossia il software che “governa” il controller.
Variazione della velocità di lettura casuale con aggiornamento del firmware - fonte: storagereview.com
Variazione della velocità di lettura e scrittura casuale con aggiornamento del firmware (da 0001 a 0009) – fonte: storagereview.com
I progressi (anche in termini di prestazioni) ottenibili mediante un semplice aggiornamento del firmware (v. immagine sovrastante) testimoniano e fotografano perfettamente la scarsa maturità della tecnologia e al contempo la rapidità con cui evolva. Ciò significa che – in termini di affidabilità – esiste una differenza abissale tra le garanzie fornite da un prodotto/modello “rodato” (ossia presente da molti mesi sul mercato) e uno nuovo, spesso capace di offrire un salto di qualità sul fronte delle prestazioni decisamente spiccato, ma destinato a ricevere frequenti aggiornamenti del firmware e dunque privo delle medesime assicurazioni sul fronte dell’affidabilità.
Durata. Nonostante l’assenza di parti meccaniche soggette ad usura o rotture, le celle di memoria rappresentano il principale fattore di criticità per la durata di un SSD poiché possono essere scritte un numero limitato di volte. Non è un caso che la durata massima di un SSD venga generalmente espressa – nelle schede tecniche – proprio in funzione della quantità di dati scrivibili, a sua volta proporzionale al numero di celle disponibili: nell’immagine riportata di seguito si indica una durata (per la taglia minima di 64GB) equivalente alla scrittura di 36TB, il doppio per i tagli superiori.
Durata degli SSD al variare della taglia
Durata di un modello di SSD (in TB) – fonte: crucial.com
Questa informazione tuttavia è scarsamente significativa per noi utenti, cui interessa invece avere un valore che risponda alla domanda: quanti mesi/anni posso aspettarmi che duri un SSD?  La risposta dipende ovviamente da quanti dati vengano scritti mediamente ogni giorno sul disco: nell’immagine viene riportata una durata pari a 5 anni scrivendo 20GB di dati al giorno (per il taglio da 64 GB, il doppio per gli altri), ma si tratta di una stima adatta ad un ambito server, ampiamente in eccesso per un utente singolo.
La conclusione che si può trarre è  che molto probabilmente ci si troverà a sostituire l’intero PC ben prima di doversi preoccupare del disco SSD.

Consumi

Un paio di conti. I consumi rappresentano un criterio di valutazione importante soprattutto se si intende utilizzare l’SSD in un computer portatile, ove un miglioramento dell’autonomia della batteria è sempre benvenuto. Prima di mostrare i dati ed illustrare le conclusioni cui portano, occorre  ricordare che un disco può trovarsi in due stati differenti (i consumi riportati – in Watt – si riferiscono ai tradizionali dischi magnetici):
  • idle (a riposo): nessuna attività viene svolta e i consumi sono minimi (<1 Watt);
  • active (attivo): il disco sta eseguendo un’operazione di lettura e scrittura e i consumi sono maggiori (2-4 Watt).
Se si osservano i consumi relativi agli SSD non si notano sostanziali differenze rispetto al disco tradizionale:
  • in idle il consumo è mediamente <1 Watt;
  • in active il consumo è mediamente <2 Watt
Il segreto dell’efficienza. Limitandosi ad osservare i dati si è portati a pensare che non si risparmi energia passando ad un SSD, ma la realtà è ben diversa: se da un lato è incontestabile l’assenza di sensibili differenze tra il consumo di un SSD e di un disco tradizionale (a parità di stato), occorre sottolineare che un SSD – in virtù della superiori prestazioni – passa molo più tempo in idle a parità di carico di lavoro, poiché impiega molto meno tempo nello stato active per svolgere le medesime operazioni.
A conti fatti, dunque, il minor consumo è reale ed è garantito dalla maggior efficienza.

Costo e capacità

Per concludere, la vera nota dolente dei dischi SSD: il prezzo. Per farsi un’idea è utile osservare il prezzo al GB, ossia il rapporto tra il prezzo del disco e la sua capienza (espresso in €/GB) perché offre una misura immediata di quanto “costa lo spazio” (tra parentesi è indicata la capienza rispetto cui è calcolato):
  • disco magnetico: 0,08 €/GB (1 TB);
  • SSD: 0,66 €/GB (256 GB) – 0,86 €/GB (128 GB)
I numeri sono decisamente sfavorevoli agli SSD e rivelano come si arrivi a pagare 1 GB di spazio anche 10 volte in più (0,86 contro 0,08 €/GB) rispetto al disco magnetico: ho incluso le sole taglie da 128 e 256 GB perché rappresentano le versioni più interessanti per l’utente. Ragion per cui i dischi SSD sono adatti ad essere affiancati ad un disco tradizionale: nel primo si installano il sistema operativo e le applicazioni, nel secondo si conservano i file personali.

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